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LE FONTANE DI GROTTA

 

Di fronte a una grande sorgente carsica, sorge spontanea una domanda: da dove viene tutta quest’acqua? E’ una domanda che si pone il semplice curioso di passaggio, come lo studioso d’acque sotterranee.

Per gli speleologi è quasi un’ossessione. A ben guardare, gran parte dell’attività speleologica è dedicata soprattutto a rispondere a questo genere di domande.

La risposta va cercata nelle pieghe più nascoste delle montagne. E’ fatta di battute sul terreno, alla ricerca di nuove grotte, e della loro esplorazione, sino a raggiungere i collettori sotterranei: i “fiumi della notte” come qualcuno poeticamente li chiama.

Raramente capita di poter percorrere la strada che le acque di pioggia, infiltrandosi, seguono sino a riemergere in una sorgente carsica. Più spesso, per quanto lunga e difficile possa essere, la strada è sbarrata da laghi sotterranei, i sifoni, oltre i quali le grotte proseguono sommerse. Qualcuno s’immerge in questi laghi e riesce a spingersi oltre i confini interni dell’atmosfera. Allo stesso modo si può tentare di risalire il flusso delle acque immergendosi nei sifoni da cui sgorgano le acque, in superficie o all’interno di grotte che funzionano da sorgenti.

Dove l’esplorazione diretta non è possibile si usano allora mezzi d’indagine indiretta: prove con traccianti o monitoraggi di dati chimico-fisici, da cui si possono ricavare informazioni sulla struttura dei sistemi carsici.

Da questo punto di vista le Alpi Apuane rappresentano un caso emblematico. Poche altre aree carsiche, in Italia, ma forse nel mondo, hanno visto uno sforzo così intenso e prolungato da parte degli speleologi, teso a conoscere le vie che le acque percorrono nel sottosuolo.

Questa sessione è dedicata soprattutto a questo. Al contributo dato dagli speleologi alle conoscenze dell’idrografia sotterranea delle aree carsiche, un contributo importante ma spesso poco riconosciuto.






Scarica la cartina delle sorgenti .zip (1,1 MB)



   

   


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