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Le Apuane e i
loro marmi
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LA LIZZATURA DEL MARMO
IL SOFFIO DELLA
PIETRA
Quando
l’alba apriva la notte vellutata della vallata Alta Tambura,
la luce entrava a
dare il soffio della vita all'anima di pietra delle Apuane. Cominciava
così a
battere il suo cuore di marmo: tic, toc, tac, tic, toc, tac, pulsando
ininterrottamente fino al calar della sera.
Da
stelle a stelle: sui muri, di pietra come le Apuane, delle case,
rimbalzavano
gli echi dei nomi degli uomini delle cave che si rincorrevano di porta
in
porta: «o Domé, o Pié, o
Francé», prima che l'ultima stella scomparisse
nella
prima luce del giorno; e gli stessi nomi, come un ritornello, si
udivano prima
dell'imbrunire quando l'ultima luce del giorno illuminava le cime dei
monti e i
crocchi dei cavatori, di ritorno al
paese, si scioglievano man mano che ciascuno si ricongiungeva con i
propri
bambini che gli erano corsi incontro e con la propria famiglia.
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I
cavatori salivano la montagna quando il sole la discendeva e la
discendevano
quando il sole la risaliva. La linea della sua luce, che saliva e
scendeva le
vette apuane, segnava il passare delle ore del lavoro in cava e quando
«'l solo
i gner' a la cimetta», erano le sei del pomeriggio nel caldo
mese di luglio, i
cavatori smontavano e d'un tratto il ticchettare del mazzuolo sulla
subbia o
il pesante e sonoro rintocco del martello da cava sulla pietra,
cessavano, e la
notte riprendeva all'anima delle Apuane quel soffio vitale che la luce
le aveva
dato.
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La
«bellezza» della vita degli uomini delle
Apuane «di una volta» è
più grande della
loro fatica, del loro sudore, dei rischi che correvano, della loro fame
e della
loro sete; è più grande dello sguardo atterrito e
delle urla di dolore delle
mogli e delle madri che andavano
incontro alla lettiga che scendeva dal monte
per riportare a casa chi a casa non sarebbe mai più
tornato, è più grande di tutte le
disgrazie della
cava.
È
questo il miracolo del tempo, che è poi
la capacità dell'uomo di produrre
cultura, cioè la sua capacità di fare del lavoro,
delle fatiche, delle
sofferenze, dei dolori, e anche della morte, un valore. È
per questo che oggi
c'è tanta voglia di far rivivere questo mondo ormai
scomparso del lavoro delle
cave, perché esso non e più l'esperienza dura di
un vivere quotidiano ma una memoria collettiva cara alla
nostra
gente, la nostra cultura.
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LA
LIZZATURA DEL MARMO
Prima
dell'avvento dei camion e della costruzione delle strade di
arroccamento, che oggi arrivano fino ai piazzali delle cave,
i
blocchi di marmo strappati alle Apuane
dal tenace, coraggioso e faticoso
lavoro dei cavatori, potevano essere portati ai fondovalle in due soli
modi: o
facendoli rotolare in caduta libera lungo i ravaneti, cioè
le cascate
di
detriti marmorei che scendono dai
piazzali delle cave lungo i vertiginosi pendii delle montagne massesi,
o
lizzandoli, cioè facendoli scivolare su di una specie di
slitta.
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Il
primo era il più spontaneo e naturale. Infatti,
quando dalla sommità dei luoghi di escavazione
della
pietra apuana i cavatori si affacciavano sui fondovalle, non
potevano fare a meno di pensare a quanto sarebbe stato
facile far arrivare i blocchi ai piedi della montagna facendoli
rotolare, cioè
col metodo detto dell'abbrivio. Ma la discesa libera dei
blocchi lungo le ripide cascate di detriti se era il metodo
più veloce non era certo anche quello più
sicuro, anzi, i danni visibili e invisibili che il marmo riportava
precipitando
a valle erano talmente elevati che presto questo sistema di discesa fu
abbandonato a vantaggio della lizzatura. Così, la
lizzatura ha
rappresentato nel passato l'unico sistema efficace e sicuro per far
scendere il
marmo dalle cime delle Apuane fino ai
fondovalle dove, per mezzo di lunghe file di pazienti buoi
veniva portato negli opifici per la
lavorazione o ai moli per essere imbarcato e andare nel mondo a
testimoniare non solo la sua bellezza ma anche
l’arte del
lavoro degli uomini delle cave.
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«Lizzare
il marmo» come si diceva nel gergo dei
cavatori, significava caricarlo in blocchi riquadrati, cioè
ridotti con subbia
e mazzuolo dagli scalpellini in forme regolari (cubi o
parallelepipedi), su tre
lunghi e robusti tronchi di faggio o di cerro a forma di sci
e far scendere poi questa «slitta di
marmo» per le vie di lizza scavate
nella roccia o aggrappate con maestria alle scoscese pareti dei monti o
ricavate sui greti dei torrenti, fino ai
poggi caricatori. Questa «slitta di
marmo»
scorreva su traversine, dello stesso
legno delle lizze, disposte
perpendicolarmente alla direzione della sua corsa e insaponate per
ridurre al
minimo 1'attrito dei pesanti blocchi sulla
strada, ancorata ad enormi pali di legno detti
piri infissi nella roccia con
funi che furono prima di canapa e poi di acciaio.
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Da
ogni cava partiva una
lizza e su ogni via di lizza nel passato sono scivolate tante
«slitte di
marmo», ed ogni discesa rappresentava per la
“compagnia di lizzatori”, l’equipaggio
che accompagnava il marmo
nella sua discesa, un viaggio ai confini del coraggio, della forza, del
rischio, e anche dell’intelligenza dell’uomo. Prima
di «prendere» la «slitta»,
cioè di iniziare la discesa, la compagnia di lizza rivolgeva
una preghiera a S.
Antonio suo protettore: ogni viaggio poteva essere senza ritorno. |
L’Associazione
Culturale “Alta Tambura” si
costituisce alla fine del 1986 ed ha come
finalità... la promozione
culturale, economica, sociale e turistica della Vallata Alta
Tambura......
nasce dalla volontà di un gruppo di giovani della piccola
frazione di Resceto e
dei paesi di Casania, Guadine, Gronda e Redicesi adagiati lungo la
Vallata Alta
Tambura...... frazioni di pastori ma i
soprattutto fino agli ”50/“60 di Cavatori e
Lizzatori ...di valorizzare e
rilanciare la montagna massese ... e da subito si sceglie come momento
centrale
dell’attività il recupero delle tradizioni legate
all’escavazione del marmo
e nel 1988, in collaborazione con gli
Assessori alla cultura Giovanna Bernardini
della Provincia di Massa-Carrara e
Galeano Fruzzetti del Comune di
Massa, si decide di ricostruire e
rievocare l’antico metodo di trasporto del marmo dalle cave
fino al piano..... La Lizzatura ......si riapre una cava
dismessa di Bardiglio di fronte al paese di Resceto in
Loc.Pizzoni....... si
costituisce la Compagnia di Lizza Vallata Alta Tambura ...che ha
nel “Diavolo”
al secolo Bertuccelli Lino il suo Capolizza ... |
si ricostruisce fedelmente il metodo
di
escavazione delle prime cave aperte dai Romani, metodo in uso fino
all’avvento
del filo elicoidale......e il progetto
si amplia con ad una splendida mostra di fotografie delle Vie di Lizza,
delle
operazioni in cava, della “Lizzatura del
marmo” ed infine una pubblicazione “ Le strade
dimenticate” di due
studiosi massesi che documenta e ricostruisce con
puntualità la vita
del
mondo della Lizzatura, mondo che non è poi così
lontano ma che dal suo
abbandono verso la fine degli anni “50 sembrava fosse finito
nel
dimenticatoio........la prima rievocazione della Lizzatura nel 1988,
con la
ricostituzione della Compagnia di Lizza.... |
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Baldini Ferdinando, Baldini
Giocondo, Baldini Lido, Baldini Mauro, Bonini Umberto, Bonini Sandro,
Giannaccini Pietro, Pucci Adelmo, Bertuccelli Ciro, Pettero???, Baldini
Mauro,
Bertuccelli Romano ... grande successo di pubblico, attento e partecipe
alle
fasi della Lizzatura..... poi ancora rievocazioni fino al 1991 e
arrivano le
prime difficoltà..... problemi per trovare e lavorare i
blocchi nella cava del Pizzone, stanchezza dei
Lizzatori...... si interrompe per due anni ...ma già nel
1994 la Compagnia
risale nella cava di fronte al paese di
Resceto e in collaborazione con la Provincia, la Mediateca Regionale e
il
patrocinio della Regione Toscana, si documentano tutte le fasi della
lavorazioni in cava e la preparazione della carica...... il risultato
è il film
"Miò, Miò, Miò..." di Antonio Cozza
con la collaborazione di
G.Borrini e la consulenza artistica di M.Bertozzi......un affresco
doloroso
della vita dei lizzatori e dei cavatori, mal pagati ed esposti al
rischio della
propri incolumità fisica..... ma da cui emergono con forza i
tratti di una
popolazione orgogliosa e forte che ama la sua terra e ad essa
è legata per la
vita e la morte............ |
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la qualità della
manifestazione trova riscontro
nella presenza di troupes televisive italiane ed estere, nei passaggi
televisivi sulle tre reti RAI, sulle pagine di giornali e settimanali
quali La
Repubblica, Il Sole24 Ore, L'Unità,
Mattina, La Nazione, Il Tirreno, Gente
Viaggi, Donna Moderna, ecc... nel 1997 la Lizzatura si trasferisce in
America,
in collaborazione con l’A.P.T. di Massa-Carrara, si proietta
presso la Camera
di Commercio di New-York il filmato della
discesa dei blocchi......ma nel 1999 su proposta della
Portrait Movie
Communication di Luca Mettadelli e Paola Mallegni, si decide
di dar vita ad nuovo filmato “Bella sarebbe una
storia......, |
che nella figura di un vecchio cavatore/Lizzatore, ricostruisce
l’evoluzione del lavoro in cava e dei metodi di
trasporto fino ai giorni nostri...... un storia che tocca le corde
dell’emozione, ma soprattutto riesce a rendere comprensibile
a tutti l’attività
delle cave e dei cavatori.... quante amicizie in Italia e fuori......
da
registi francesi a quelli tedeschi ...... e allora un film
sulle Alpi Apuane girato dalla TV Bavarese che
inizia e finisce con la Rievocazione della Lizzatura..... e quei
Lizzatori che
ora ricevono applausi per la loro fatica ...e una volta faticavano per
un tozzo
di pane......invecchiano bene ma l’età
non fa sconti e anche la Compagnia di Lizza subisce l’assalto
del tempo e
Fazzi Giuliano storico Vice del “Diavolo”
... diventa il capolizza.....e la storia continua...... la
collaborazione
con il Parco delle Alpi Apuane per l’anno Europeo
dell’Ambiente.... l’intesa
con le Strade del Vino dei Colli di Candia e Lunigiana ...la storia
della
civiltà ... e la civiltà del vino e dei prodotti
tipici della nostra terra.....
infine la nostra partecipazione alla stampa de “ Sui sentieri
delle Alpi Apuane
alla riscoperta dell’uomo”
dell’amico
Marco Marando.....con belle pagine e foto della nostra manifestazione
ed infine
a voler chiudere un ciclo...... nel 2007 vede luce questo DVD che
riassume il
nostro impegno per valorizzare e recuperare la storia della nostra
provincia..... per non dimenticare gli uomini e le donne che hanno
sofferto e
gioito sui nostri monti..... per far sì che tutto questo
rimanga patrimonio per
le future generazioni ...... nella certezza che il marmo, al di
là delle
problematiche ambientali, è la storia ed anche il futuro
delle nostre
zone................ |
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